Il graffito di Alessameno: la più antica immagine di Cristo e la forza della Croce derisa

Quando pensiamo alle prime immagini di Cristo, spesso la nostra mente corre alle grandi icone bizantine, ai mosaici scintillanti delle basiliche antiche o ai dipinti che hanno ornato la fede cristiana lungo i secoli. Tuttavia, la più antica immagine che si conosce di Gesù non è un’icona venerata, ma un graffito irriverente e offensivo. È ciò che viene chiamato “il graffito di Alessameno”, scoperto sul Palatino a Roma, e che rappresenta uno scherno verso un cristiano che adorava un Dio crocifisso.

Questa immagine, incisa nel II o III secolo, mostra un uomo in atteggiamento di preghiera davanti a un crocifisso. Ma al posto del volto di Cristo, il corpo crocifisso porta una testa d’asino. Accanto, un’iscrizione derisoria recita: “Alexamenos sebete theon” – cioè: “Alessameno venera il suo Dio”. È uno dei più antichi documenti visivi della fede cristiana e, al tempo stesso, una delle più antiche testimonianze delle derisioni che il cristianesimo dovette affrontare.


Il contesto storico: Roma e l’assurdità della croce

Per comprendere il significato di questo graffito, bisogna immergersi nel contesto culturale e religioso della Roma antica. Il crocifisso, per i romani, era il simbolo della pena più ignominiosa, riservata agli schiavi e ai criminali. Un “dio crocifisso” era qualcosa di non solo impensabile, ma addirittura ridicolo.

San Paolo stesso, scrivendo ai Corinzi, affermava:

“Noi predichiamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,23).

Il graffito di Alessameno testimonia proprio questa percezione: adorare un Dio che muore in croce era visto come un’assurdità totale. E per rendere ancora più offensiva l’immagine, l’autore lo raffigurò con la testa di un asino, animale che spesso, nel mondo greco-romano, era simbolo di stupidità e ridicolo.


Il primo “volto” di Cristo: una caricatura

È affascinante e doloroso allo stesso tempo pensare che la prima immagine sopravvissuta di Cristo non sia una raffigurazione devota, ma una caricatura. La fede cristiana, sin dall’inizio, è stata accompagnata dalla derisione e dalla persecuzione.

Eppure, questo graffito, nato come insulto, oggi è per noi una testimonianza preziosa. Perché rivela quanto fosse radicalmente nuova e controcorrente la fede cristiana. Rivela che i cristiani non adoravano un dio di potenza, di guerre o di trionfi terreni, ma un Dio che si è fatto servo, che ha abbracciato la croce, che ha trasformato il fallimento in vittoria.


La teologia della derisione: Dio che accetta di essere schernito

Dal punto di vista teologico, il graffito di Alessameno è un monumento involontario alla verità del Vangelo. Mentre il mondo rideva di un Dio crocifisso, la Chiesa annunciava che proprio lì, nella debolezza e nell’umiliazione, si manifestava la potenza dell’amore divino.

Gesù stesso aveva preannunciato che i suoi discepoli avrebbero dovuto affrontare insulti e scherni:

“Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12).

Alessameno, il cristiano deriso in quel graffito, è il simbolo di tutti i credenti che, lungo la storia, hanno dovuto sopportare la derisione a causa della loro fede. È l’icona di una Chiesa che non si vergogna della croce, anche quando il mondo la considera follia.


Le derisioni di oggi: un graffito che continua

Il graffito di Alessameno non è solo un reperto archeologico del passato: è anche una chiave di lettura per il presente. Anche oggi, infatti, la fede cristiana continua ad essere derisa e banalizzata.

  • Oggi Cristo è ridicolizzato quando la sua immagine viene usata per satire blasfeme.
  • È deriso quando il Vangelo viene liquidato come superstizione medievale o come ostacolo alla “modernità”.
  • È schernito quando chi difende la fede viene etichettato come arretrato, ingenuo o persino pericoloso.

Il mondo contemporaneo non è molto diverso da quello romano: il mistero della croce continua a sembrare assurdo, e i cristiani che lo abbracciano continuano a essere guardati con sospetto o con ironia.


Come rispondere oggi: fede, umiltà e testimonianza

Di fronte a questo, come siamo chiamati a vivere la nostra fede?

  1. Con fermezza nella fede. Non dobbiamo vergognarci del Vangelo, anche se il mondo lo considera stoltezza. Come dice San Paolo: “Non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16).
  2. Con umiltà. Accettare che la fede non sarà mai “alla moda”, che non potremo mai renderla completamente accettabile a chi rifiuta il mistero della croce.
  3. Con testimonianza. Il mondo non si converte con le polemiche, ma vedendo cristiani che, come Alessameno, rimangono fedeli nel silenzio della preghiera e nella coerenza della vita.

Un invito alla riflessione personale

Il graffito di Alessameno ci provoca una domanda personale: come reagisco quando la mia fede viene derisa o fraintesa?

  • Mi vergogno?
  • Cerco di nascondermi per non essere giudicato?
  • O invece accolgo, con serenità, il fatto che seguire Cristo significa anche condividere la sua croce?

Ricordiamo che la croce, segno di derisione per i pagani, è divenuta l’albero della vita per noi. Ciò che il mondo considerava uno scandalo è diventato la nostra gloria.


Conclusione: dal graffito al Vangelo vivo

Il graffito di Alessameno, nato come scherno, è oggi per noi una catechesi silenziosa. Ci ricorda che la fede cristiana non si fonda su applausi o approvazioni sociali, ma sulla verità scandalosa di un Dio crocifisso e risorto.

Là dove il mondo rideva, Dio ha rivelato la sua vittoria. Là dove si voleva umiliare Alessameno, oggi noi vediamo il coraggio di un credente che non ha avuto vergogna di adorare il suo Signore.

E noi, oggi, siamo chiamati a fare lo stesso: a non vergognarci del Crocifisso, a non temere le derisioni, a vivere con gioia la nostra fede, certi che “la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1,25).


👉 Il graffito di Alessameno non è soltanto un pezzo di muro: è un messaggio che attraversa i secoli e ci invita a seguire Cristo senza paura. Anche se il mondo ride, il cristiano sa che nella croce c’è la vera gloria, e nella risurrezione la vera speranza.

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Pater noster, qui es in cælis: sanc­ti­ficétur nomen tuum; advéniat regnum tuum; fiat volúntas tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie; et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris; et ne nos indúcas in ten­ta­tiónem; sed líbera nos a malo. Amen.

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