Eutanasia e “Diritto a Morire”: Compassione o Cultura dello Scarto?

Uno sguardo cattolico sulla sofferenza, la dignità umana e la falsa compassione del mondo moderno


Introduzione

Viviamo in un tempo in cui il valore della vita umana sembra essere misurato in base alla produttività, all’autonomia o all’assenza di dolore. In questo contesto, l’eutanasia – spesso presentata come “atto di compassione” o come “diritto a una morte dignitosa” – è stata legalizzata in molti Paesi come opzione per malati terminali o anziani. Tuttavia, dal punto di vista cattolico, questa posizione solleva profondi interrogativi etici, teologici e pastorali.

Questo articolo intende offrire, in tono accessibile ed educativo, una riflessione approfondita su questo tema complesso alla luce dell’insegnamento della Chiesa, della Sacra Scrittura e dell’esperienza cristiana della sofferenza redenta. Inoltre, presenta una guida spirituale e pratica per i fedeli che vogliono restare fedeli al Vangelo della vita, anche in mezzo alla malattia, al dolore e alla vecchiaia.


I. Breve storia e contesto attuale delle leggi sull’eutanasia

Il termine eutanasia deriva dal greco “eu” (buono) e “thanatos” (morte), e significava originariamente “buona morte”. Oggi si intende l’atto di porre fine intenzionalmente alla vita di una persona per alleviare le sue sofferenze – sia con il suo consenso (eutanasia attiva volontaria) sia per decisione di altri (eutanasia non volontaria).

Negli ultimi decenni, una pressione ideologica crescente ha portato all’approvazione di leggi che promuovono il cosiddetto “diritto a morire”. Paesi come Belgio, Olanda, Canada, Spagna o Colombia hanno legalizzato l’eutanasia o il suicidio assistito in certe circostanze: malattie incurabili, sofferenze “insopportabili”, vecchiaia avanzata.

Queste leggi, mascherate da linguaggio compassionevole e di libertà individuale, promuovono in realtà una mentalità pericolosa: che alcune vite non siano più degne di essere vissute, che la dipendenza o il dolore siano un’offesa alla dignità, e che la morte possa essere somministrata come rimedio al dolore umano.


II. L’insegnamento della Chiesa Cattolica sull’eutanasia

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è chiaro ed esplicito:

“L’eutanasia consiste nel porre fine alla vita di persone disabili, ammalate o prossime alla morte. È moralmente inaccettabile.”
(CCC §2277)

Questa posizione non nasce da un irrigidimento dottrinale, ma da una profonda visione della dignità umana. L’essere umano non si definisce per la sua utilità o indipendenza, ma per il fatto di essere creato a immagine di Dio (Genesi 1,27), redento da Cristo e chiamato alla comunione eterna con Dio.

L’eutanasia, pertanto, rappresenta una grave ingiustizia morale, poiché implica un potere arbitrario sulla vita, che appartiene solo a Dio.


III. La sofferenza redenta alla luce di Cristo

Una delle intuizioni più luminose del cristianesimo è che la sofferenza non è priva di senso. Essa è stata assunta da Cristo sulla Croce, trasformata e redenta.

San Paolo lo esprime in modo sorprendente:

“Ora io sono lieto di soffrire per voi, e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.”
(Colossesi 1,24)

Paolo non intende dire che alla Passione di Cristo manchi qualcosa in sé, ma che ogni cristiano è chiamato a partecipare a questo mistero redentivo, offrendo le proprie sofferenze per amore, come unione con il dolore salvifico di Cristo. Il dolore vissuto nella fede può diventare via di santità, purificazione, intercessione e comunione con Dio.

Alla luce della Croce, il dolore non viene né glorificato né rifiutato, ma accolto con speranza. L’eutanasia rifiuta questa possibilità di redenzione, di fecondità spirituale e di comunione con Cristo sofferente.


IV. Il valore delle cure palliative: vera compassione

In alternativa all’eutanasia, la Chiesa non propone né l’accanimento terapeutico né la sofferenza senza senso, ma incoraggia l’accompagnamento umano, spirituale e medico attraverso le cure palliative.

Le cure palliative alleviano il dolore, prendono in carico la persona nella sua globalità – corpo, anima, relazioni – e rispettano il processo naturale della morte. Sono un’alternativa etica, umana e profondamente cristiana alla soppressione della vita.

La vera compassione non uccide. Accompagna. Come ha ricordato Papa Francesco:

“Eutanasia e suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta è: non abbandonare mai chi soffre.”
(Papa Francesco, 1° febbraio 2019)


V. Compassione o cultura dello scarto?

Dietro le leggi favorevoli all’eutanasia si nasconde una visione riduttiva dell’uomo e uno spirito utilitarista. Se una società accetta che alcune vite non siano più degne di essere vissute, apre la porta alla “cultura dello scarto”, in cui i deboli, i dipendenti, gli anziani e i malati sono percepiti come un peso.

Dal punto di vista cristiano, ciò rappresenta un grave errore morale e antropologico. Ogni persona – indipendentemente dalla sua condizione – ha una dignità inviolabile, perché è figlia di Dio. La sofferenza non la toglie: può anzi rivelarla, se vissuta con amore, speranza e comunione.


VI. Guida teologico-pastorale per i cattolici

1. Formare la coscienza alla luce della verità
I cattolici devono conoscere l’insegnamento della Chiesa e formare la propria coscienza alla luce del Vangelo. La vita è sacra – dal concepimento alla morte naturale. L’eutanasia, anche se presentata come atto d’amore, nega questa verità.

2. Evitare sia l’eutanasia che l’accanimento terapeutico
È necessario distinguere tra il rifiuto di cure sproporzionate e la volontà attiva di provocare la morte. La differenza fondamentale è l’intenzione: accogliere la morte non è provocarla.

3. Promuovere le cure palliative
Le comunità cristiane devono sostenere ogni iniziativa che accompagni con dignità i malati e i morenti. È una forma autentica di evangelizzazione.

4. Accompagnare e consolare spiritualmente
La visita ai malati, la preghiera, l’unzione degli infermi, la comunione eucaristica, l’ascolto: sono gesti concreti di carità e di Chiesa. Nessuno dovrebbe morire da solo.

5. Non avere paura della sofferenza offerta a Dio
Anche se il mondo fugge il dolore, il cristiano può trasformarlo in offerta spirituale. Non si tratta di glorificare il dolore, ma di unirlo a Cristo per la salvezza del mondo.

6. Essere testimoni di speranza
Di fronte alla cultura della morte, siamo chiamati a essere testimoni della vita. Anche nel dolore, il cristiano può trasmettere pace, fede e amore.


VII. Applicazioni pratiche nella vita quotidiana

  • Se hai un parente malato o anziano, consideralo non un peso, ma un’occasione per servire Cristo in lui.
  • Se lavori in ambito sanitario, testimonia il valore della vita e l’importanza delle cure palliative.
  • Se tu stesso stai soffrendo, non disperare. Offri il tuo dolore a Cristo, prega con Colossesi 1,24, chiedi che sia fecondo spiritualmente.
  • Se devi affrontare decisioni mediche difficili, cerca consiglio in un sacerdote o in un bioeticista cattolico. Non sei solo.
  • Se senti parlare di leggi eutanasiche, informati, partecipa al dibattito, difendi la vita dei più deboli con carità e verità.

Conclusione: Scegli sempre la vita

La vita è un dono, non un possesso. La sofferenza – per quanto dolorosa – può essere redenta e resa feconda. La morte non è la fine, ma il passaggio all’eternità.

Di fronte a leggi che vogliono eliminare la sofferenza eliminando il sofferente, la Chiesa dice con voce profetica e materna:
“Non sei solo. Non sei un peso. La tua vita ha un valore immenso, anche nella debolezza. Cristo porta la tua croce con te.”

Come dice il libro del Deuteronomio:

“Ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza.”
(Deuteronomio 30,19)

Informazioni catholicus

Pater noster, qui es in cælis: sanc­ti­ficétur nomen tuum; advéniat regnum tuum; fiat volúntas tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie; et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris; et ne nos indúcas in ten­ta­tiónem; sed líbera nos a malo. Amen.

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