Giovanni 6 e l’Eucaristia: perché molti abbandonarono Gesù per questo insegnamento?

Ci sono momenti nei Vangeli in cui le parole di Gesù non solo sorprendono, ma dividono. Uno di questi momenti centrali si trova nel capitolo 6 del Vangelo secondo Giovanni, dove il Signore rivela una delle verità più alte e misteriose della nostra fede: la Sua presenza reale nell’Eucaristia. Tuttavia, questa verità non fu accolta con gioia da tutti. Al contrario, molti dei suoi discepoli «si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66). Ma perché? Cosa disse Gesù di così sconvolgente? E cosa ci insegna oggi questa reazione?


Il contesto: dal pane terreno al pane del cielo

Il capitolo 6 di Giovanni si apre con un miracolo molto popolare: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Le folle, entusiaste, cercavano Gesù non per i segni di salvezza, ma perché avevano mangiato e si erano saziate. Gesù li richiama a cercare «non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna» (Gv 6,27).

È a questo punto che inizia il lungo discorso sul Pane della Vita. Gesù si presenta come il vero pane disceso dal cielo, superiore alla manna che i padri ricevettero nel deserto. Fino a quel punto, le sue parole possono sembrare ancora simboliche o metaforiche. Ma poi arriva la svolta.


Un insegnamento scandaloso: “La mia carne è vero cibo”

Gesù afferma con chiarezza sconcertante:

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51).

I Giudei iniziano a discutere animatamente: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (Gv 6,52). Ma Gesù non ritratta, non attenua il linguaggio. Al contrario, rafforza l’affermazione:

«In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita» (Gv 6,53).

E ancora:

«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54).


Reazioni contrastanti: la crisi della fede

A questo punto molti discepoli, non solo estranei o farisei, ma seguaci abituali di Gesù, si scandalizzano. Dicono: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» (Gv 6,60). Gesù non rincorre nessuno, non cerca di “addolcire” il discorso per non perdere pubblico. Piuttosto, sottolinea che le sue parole sono “spirito e vita” (Gv 6,63), ma che ci vuole fede per comprenderle.

Il versetto 66 è tra i più tristi dell’intero Vangelo:

«Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui».

L’Eucaristia, mistero d’amore e presenza viva di Dio, diventa dunque pietra d’inciampo. Già allora, come oggi, l’umanità fa fatica ad accettare un Dio così vicino, così concreto, così esigente nel suo amore.


Pietro e la professione di fede

A quel punto, Gesù si rivolge ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Pietro risponde con quella che è, forse, la professione di fede più bella e sincera:

«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).

È una risposta che non nasce dalla piena comprensione, ma dalla fiducia. Pietro non capisce ancora tutto, ma ha visto abbastanza per sapere che solo Gesù è la Verità, anche quando essa è difficile da accogliere.


Rilevanza teologica: la Presenza Reale

Dal punto di vista teologico, Giovanni 6 è un fondamento essenziale per la dottrina della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. La Chiesa ha sempre insegnato, in modo fermo e irreformabile, che nelle specie del pane e del vino consacrati non c’è un simbolo, ma Cristo stesso: corpo, sangue, anima e divinità.

Il Concilio di Trento, in risposta alla Riforma protestante, ribadì la transustanziazione: il pane e il vino si trasformano realmente nella sostanza del Corpo e Sangue di Cristo, pur mantenendo le apparenze esterne. E già i Padri della Chiesa – come sant’Ignazio di Antiochia, sant’Ireneo, san Cirillo di Gerusalemme, sant’Ambrogio e san Giovanni Crisostomo – parlavano con chiarezza della presenza reale, contro ogni interpretazione puramente simbolica.


Attualità del rifiuto: l’Eucaristia oggi

Anche oggi, come allora, il mistero dell’Eucaristia divide. Molti cattolici non comprendono più, o non credono realmente, che l’ostia consacrata sia Gesù vivo e vero. Secondo studi recenti, in alcuni Paesi occidentali solo una minoranza di battezzati crede fermamente nella Presenza Reale.

Inoltre, la banalizzazione della liturgia, l’abuso di ricevere la comunione in modo meccanico o senza confessione, e la perdita del senso del sacro hanno contribuito a un progressivo allontanamento dal mistero. È un nuovo “Gv 6,66” che si consuma silenziosamente nelle nostre comunità.


Implicazioni pastorali: educare e custodire

Come pastori, catechisti, genitori o semplici fedeli, abbiamo la responsabilità di educare alla fede eucaristica, con parole e soprattutto con gesti:

  • Prepararsi interiormente prima di ricevere la Comunione.
  • Accostarsi al sacramento della Riconciliazione con regolarità.
  • Insegnare il silenzio, l’adorazione, la genuflessione.
  • Promuovere l’Adorazione Eucaristica, soprattutto nei giovani.
  • Celebrar con reverenza la Santa Messa, secondo la dignità del Mistero.

Applicazione spirituale: vivere dell’Eucaristia

Gesù non ha detto: “Chi mi comprende avrà la vita eterna”, ma: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. L’Eucaristia non è un premio per i perfetti, ma un cibo per i pellegrini, medicina per i deboli, fuoco che arde nei cuori tiepidi.

San Tommaso d’Aquino diceva che l’Eucaristia è “il sacramento dell’amore, segno dell’unità, vincolo della carità”. E san Pier Giuliano Eymard, apostolo dell’Eucaristia, affermava: «Quando riceviamo Gesù nell’Eucaristia, entriamo nel cielo sulla terra».


Conclusione: Restare con Lui

Gesù non cambia le sue parole per compiacere le folle. Egli ci chiede oggi, come allora: “Volete andarvene anche voi?”. Ogni Messa è una risposta a questa domanda. Ogni genuflessione, ogni adorazione, ogni Comunione ben preparata è un “Signore, da chi andremo?”.

In un mondo che cerca risposte immediate, emozioni forti, soluzioni facili, Gesù ci offre se stesso. Non un’idea, ma una Presenza. Non un discorso, ma un Corpo dato per noi.

Restiamo con Lui. Perché solo Lui ha parole di vita eterna.

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Pater noster, qui es in cælis: sanc­ti­ficétur nomen tuum; advéniat regnum tuum; fiat volúntas tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie; et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris; et ne nos indúcas in ten­ta­tiónem; sed líbera nos a malo. Amen.

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